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Pubblicità comportamentale o contestuale? Ecco le differenze

Marketing e SEO

28 Gennaio 2015

Pubblicità comportamentale o contestuale? Ecco le differenze

La pubblicità comportamentale, nota come “Online Behavioral Advertising” (OBA), si basa sulla raccolta di dati, tramite cookie, dell’attività online di un computer-utente e del suo comportamento online, al fine di fornirgli annunci su misura, basati sui suoi interessi. La pubblicità contestuale (contextual advertising) si basa invece sul contenuto del sito in cui compare l’annuncio e non sui dati di navigazione. Scopriamo nel dettaglio le differenze e cosa comporta in termini di privacy.

Una premessa in termini di Privacy

La pubblicità comportamentale (OBA) consente alle aziende di abbinare gli annunci pubblicitari ai reali interessi di un consumatore nel corso del tempo. Si basa su dati aggregati anonimi (ottenuti dai cookie) per far visualizzare un annuncio in un determinato computer in base all'attività registrata nel browser di quel particolare computer.

Per mostrare una pubblicità basata sul comportamento online di un utente è necessario disporre di un modo per scoprire ciò che vede e quali siti consulta. E’ necessario raccogliere dati sui singoli computer-utenti e alcuni metodi non sono così graditi dai consumatori.

Per tutelarsi dall’accusa di violare la privacy degli utenti, i sostenitori di tali metodi affermano che non vengono registrate le attività di un individuo, ma di un computer “anonimo”. Ma con la rapida diffusione dei social network, noi stessi abbiamo autorizzato la raccolta e la diffusione dei nostri dati personali, comprese foto, amici, indirizzo e email. I social network e non solo, offrono alle aziende di advertising un modo semplice per collegare le nostre informazioni personali con le attività che vengono tracciate online, anche con i cookies.

Gli aspetti legati alla privacy sono quindi una delle maggiori preoccupazioni sollevate dalla pubblicità comportamentale, visto che l’integrazione dei dati personali presenti sul nostro computer e dei dati di navigazione avviene già. Da qui il recente provvedimento restrittivo nei confronti di Google da parte del Garante della Privacy, che afferma “Per utilizzare a fini di profilazione e pubblicità comportamentale personalizzata i dati degli interessati, Google dovrà acquisire il previo consenso degli utenti e non potrà più limitarsi a considerare il semplice utilizzo del servizio come accettazione incondizionata di regole che non lasciavano, fino ad oggi, alcun potere decisionale agli interessati sul trattamento dei propri dati personali”.

Qui di seguito il recente video tutorial dello stesso Garante:

Cosa sono i cookie

I cookie sono piccoli file di testo che vengono memorizzati sul computer di un utente e sono decifrabili solo dal servizio che l’ha inviato. Essi sono progettati per contenere una modesta quantità di dati specifici di un particolare client e sito web. Ciò consente al server di restituire una pagina su misura per un particolare utente.


I cookie si possono classificare in varie tipologie.

In base alla loro durata, abbiamo:

- cookie temporanei di sessione (temporary cookies): questi sono legati alla sessione di navigazione in un sito, permettono di identificare un utente che accede a servizi protetti da login. Questi cookie servono ad evitare che per ogni pagina di quel sito specifico ci venga richiesto il login, ma sono appunto temporanei e si cancellano al termine della sessione di navigazione;

- cookie permanenti (persistent cookie): sono cookie che rimangono sul computer dell’utente anche al termine della navigazione di un sito. Possono essere eliminati solo dall’utente oppure alla data della loro scadenza e servono a dare informazioni sulla navigazione di quel particolare computer.

In base alla provenienza dei cookie, abbiamo:

- cookie proprietari - cookie first-party: sono i cookie inviati al tuo browser direttamente dal sito che stai visitando;

- cookie di terze parti - cookie third-party: sono i cookies inviati al tuo computer da altri siti che eseguono contenuto sulla pagina che stai visualizzando. I cookie di terze parti sono spesso cookie permanenti.

Analizziamo meglio i cookie di terze parti

Molto spesso sui siti che visitiamo sono presenti contenuti e servizi che provengono da altri siti, come ad esempio i pulsanti dei social network (es. Mi piace, Segui), i banner di Google AdWords o di altre società di advertising. Questi contenuti che provengono da siti terzi, possono impostare sul nostro computer un cookie, da qui il nome cookie di terze parti.

Quando visitiamo un sito, possiamo avere cookie di identificazione (proprietari), e cookie dei profili social e quelli dei network pubblicitari presenti in quella pagina (cookie di terze parti). Spesso i cookie di terze parti vengono utilizzati per registrare quali siti vengono visitati e quali banner vengono cliccati, così da tracciare il comportamento di un computer-utente e proporre pubblicità mirate, basate sugli interessi reali di un utente e non sul contenuto della pagina visitata. Questi si chiamano anche cookie di tracciamento.

Per descrivere come funziona un cookie di tracciamento, prendiamo ad esempio la pubblicità sulla Rete Display di Google, gestita tramite doubleclick.net. In molti siti sono presenti i banner degli inserzionisti che aderiscono alla Rete Display.

Se un utente visita primosito.it che contiene la pubblictà proveniente dalla Rete Display, il server doubleclick.net invierà un cookie di tracciamento sul computer dell’utente. Lo stesso utente va su secondosito.it e anche qui è presente la pubblicità della Rete Display; il cookie già presente nel computer fornirà i dati al server doubleclick.net anche della precedente visita, inoltre se l’utente clicca su un banner, il cookie registrerà anche questa informazione. Quindi doubleclick.net conosce tutti i siti del suo network che l’utente visita e cosa l’utente fa su queste pagine, se clicca sul banner e se prosegue l’acquisto di un determinato prodotto.

Questo tipo di tracciamento è percepito come invasivo e fastidioso perché l’utente è spesso ignaro di tali pratiche e il consenso all’uso dei cookie sul computer avviene mediante il settaggio individuale del browser utilizzato, ma come impostazione predefinita sono consentiti tutti i cookie e l’utente medio di solito non modifica tali dati.

La pubblicità comportamentale

Per spiegare come funziona si può ricorrere ad un esempio. Immaginate di essere online e visitare cinque siti diversi di sport e poi un sito web di notizie. Potreste vedere un annuncio di sport sul sito di notizie, anche se si state leggendo un articolo di moda. Vedrete quell’annuncio perché il vostro comportamento online suggerisce che siete interessati allo sport.

Questo significa che due persone che vedono la stessa pagina web potrebbero visualizzare annunci completamente diversi. Ad esempio, prendiamo due surfisti, uno escursionista che ama visitare i siti web legati al trekking, un altro grande appassionato di teatro. Stanno entrambi programmando una visita a Roma, forse entrambi finiscono sullo stesso sito di prenotazioni online, ma l'escursionista vede annunci sui parchi vicini, mentre l’appassionato di teatro vede annunci su spettacoli teatrali imminenti.

Ecco perché molti inserzionisti sono attratti dal potenziale della pubblicità comportamentale. Questa offre la possibilità di raggiungere un pubblico ancora più selezionato con annunci più pertinenti rispetto alla pubblicità contestuale. Gli inserzionisti possono mostrare (e pagare) un minor numero di impressioni dei loro annunci, godendo di un più alto tasso di click con un tasso di conversione più elevato.


La maggior parte delle aziende coinvolte nella pubblicità comportamentale ha una rete di siti web collegati, che rilasciano dei cookie sui computer dei visitatori di quel sito. Alcuni dei nomi più noti nella pubblicità comportamentale includono Tacoda, Advertising.com, Kanoodle, Claria, Revenue Science, Google DoubleClick e altri.

Le aziende pubblicitarie non raccolgono dati sensibili, ma solo anonimi tramite cookie. Altri modi per individuare le nostre tracce online sono HTML5 Local Storage, Silverlight, pixel hacks, ecc. Questi ad esempio sono i modi in cui Google raccoglie nostri dati.

La pubblicità contestuale

L'idea alla base della pubblicità contestuale, diversamente da quella appena descritta, è visualizzare annunci tematicamente affini al contenuto di una pagina. Più pertinente è un annuncio in riferimento al contenuto di una pagina, più è probabile che sarà rilevante per il lettore e di conseguenza più cliccato. La pubblicità contestuale non richiede una ricerca per parole chiave, in quanto l'annuncio viene visualizzato in relazione al contenuto stesso della pagina.

Ad esempio nel momento in cui stiamo visitando un sito dedicato ai viaggi in Spagna, potrebbero esserci proposte le ultime offerte dei voli Iberia dall’Italia a Madrid.

I sostenitori della pubblicità contestuale ritengono che il contenuto di una pagina sia un buon parametro per rivelare l’interesse di un utente. Il targeting riferito a questa informazione è mirato e può fornire la giusta definizione di una campagna pubblicitaria. 

L'idea è che se si visualizzano annunci contestualmente rilevanti per il tema trattato in una pagina, allora le probabilità che un utente clicchi su di essi sono più elevate rispetto ai metodi tradizionali. Le aziende e le società di ricerca hanno fatto dei test per dimostrare che questa modalità permette un miglioramento delle prestazioni della campagna. AdSense e AdWords di Google fanno uso di questo tipo di targeting e sono sicuramente un esempio di successo.

La pubblicità con annunci contestuali è una delle fonti di reddito di Google e molti motori di ricerca hanno iniziato a collocare annunci contestuali nelle pagine dei risultati di ricerca.

I software che permettono la pubblicità contestuale contengono sofisticati algoritmi capaci di fare una scansione delle pagine web, per individuare parole chiave o frasi che abbiano un collegamento diretto ad un prodotto o servizio offerto, e quindi di far comparire l'annuncio appropriato sulla pagina.